Il ruolo della dieta nel trattamento della malattia di Crohn e della rettocolite ulcerosa

Ruolo della Dieta nel trattamento del Morbo di Crohn e nella Rettocolite Ulcerosa

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Introduzione

Tra le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) rivestono particolare importanza, dal punto di vista nutrizionale, il Morbo di Crohn (MC) e la Rettocolite Ulcerosa (RCU).

 

Maladie de Crohn

 


Il MC può interessare qualsiasi tratto dell’apparato gastroenterico con un processo infiammatorio che coinvolge la parete intestinale. I tratti più colpiti sono il tenue distale e la porzione più prossimale del colon.
La RCU, invece, interessa solo la mucosa del colon ed è caratterizzata da una infiammazione che, partendo dal retto, può estendersi a tutto il colon.
Ambedue le condizioni morbose, per il loro coinvolgimento del tubo digerente, sono generalmente associate ad uno stato di malnutrizione.
Anche se entrambe le patologie rientrano tra le MICI non sempre vengono trattate allo stesso modo dal punto di vista nutrizionale in quanto vanno ad interessare zone diverse dell’intestino del paziente.
La malnutrizione è uno dei principali aspetti clinici delle MICI, in modo particolare del MC.

 

Possono essere individuati sei fattori che portano alla malnutrizione nel MC:

  1.  Diminuita introduzione di cibo dovuta al timore di aggravare la patologia;
  2.  Aumentata richiesta calorica dovuta alla febbre e all’infiammazione;
  3.  Malassorbimento da ridotta superficie assorbente in caso di resezione o interessamento di lunghi segmenti di intestino tenue, la presenza di fistole e/o stenosi favorisce la proliferazione batterica nel tenue e fermentazione degli zuccheri con peggioramento della diarrea;
  4. Dispersione di sangue, proteine, elettroliti nel lume intestinale;
  5.  Effetti negativi dei farmaci impiegati;
  6.  Depressione derivante dalla sindrome dolorosa e dalle ripetute scariche diarroiche che modificano la qualità di vita.

 


L’infiammazione cronica dell’intestino comporta incompleta digestione proteica oltre a un difetto a metabolizzare acidi grassi a catena corta derivati dal lume intestinale.
Gli alimenti sono potenzialmente in grado di influenzare l’efficienza della barriera intestinale attraverso alterazioni:

  1. Della crescita epiteliale, con sostanze tossiche e batteri;
  2. Della microflora batterica intestinale, modificando il pH;
  3. Della peristalsi intestinale, per il diverso contenuto di fibra;
  4. Del sistema immunitario locale, per la presenza di sostanze antigeniche e batteri.
  5. Vari allergeni alimentari possono scatenare reazioni immunologiche, IgE correlate, sia locali che sistemiche, con produzione di istamina.

 

MICI e alimentazione

Numerose correlazioni sono state evidenziate tra alimenti e MICI. Tuttavia la variabilità dell’intervallo di tempo che intercorre tra ingestione del cibo e comparsa dei sintomi rende difficile un’associazione certa.
Tra gli alimenti più incriminati c’è il latte che può far manifestare sintomi di malassorbimento anche in assenza di comprovata intolleranza al lattosio. Si è notato, infatti, un aumento sensibile degli anticorpi sierici contro le proteine del latte.
Martini e Branders furono i primi a rilevare che esisteva un elevato consumo di carboidrati raffinati, prevalentemente zucchero, nei pazienti che manifestavano MC. Questa associazione spiegherebbe l’alta incidenza di MC nei paesi industrializzati. A conferma, Mahud et al hanno rilevato una maggiore incidenza di MC nelle persone che vivono in città, la cui alimentazione è caratterizzata da elevate quantità di saccarosio, carboidrati raffinati, acidi grassi omega-6 (noti come potenziali flogogeni-oli di semi di girasole, di soia, di mais, noci e alcune margarine), poca frutta e vegetali, rispetto a coloro che vivono in campagna dove c’è un maggiore consumo di frutta, vegetali e carboidrati complessi. È stato inoltre suggerito che la “dieta urbana” contenga dei contaminanti nel cibo, come polvere, microparticelle inorganiche, additivi, metalli pesanti che, combinandosi con alcuni componenti nel lume intestinale favorisce la formazione di particelle in grado di danneggiare la mucosa intestinale e di passare nella circolazione sistemica.
Una ulteriore conferma sulla stretta relazione tra consumo di grassi e MICI arriva da Gassul et al che hanno osservato una minore incidenza di tali patologie negli eschimesi, la cui dieta è particolarmente ricca di acidi grassi omega-3.
Tali premesse suggeriscono che la nutrizione può avere una grande importanza in un terreno geneticamente predisposto, sia nell’insorgenza della patologia, sia nel durata dei periodi di remissione.
Inoltre una corretta nutrizione aiuta l’organismo e a tollerare meglio le terapie che vengono effettuate riducendone gli effetti collaterali e dando la possibilità al malato di mantenersi in buone condizioni di salute.

 

Approccio nutrizionale e stato di malattia

Messa a riposo parziale dell'intestino

Con una sintomatologia persistente (diarrea intrattabile, coliche addominali, fistole secernenti a media e/o alta portata), è opportuno mettere a riposo l’intestino e quindi prendere in considerazione il ricorso alla nutrizione artificiale (NA) per via enterale (NE) e/o, in alcuni casi per via parenterale (NP) (10). Deve essere fatta dietro indicazione medica.
In presenza invece di dolori addominali e diarrea, che indicano una riacutizzazione della malattia (ma non la fase acuta conclamata) è necessario:

  1. eliminare cibi ad alto contenuto di fibra, quali verdure a foglia, la verdura filamentosa, la frutta secca, la frutta con buccia, i legumi, i cibi integrali, i popcorn ed i germi di grano;
  2. ridurre l’apporto di ossalati il cui apporto non deve superare i 50 mg/die;
  3. favorire una dieta iperglucidica con prevalenza di carboidrati complessi, leggermente iperproteica e ipolipidica (9);
  4. aumentare l’apporto giornaliero di liquidi (2 litri).

 

Miglioramento dello stato nutrizionale e delle difese immunitarie che da esso sono condizionate

Studi clinici eseguiti agli inizi degli anni 90 da Mc Call e Salomon hanno dimostrato l’importanza dell’olio di pesce in soggetti con malattia infiammatoria cronica intestinale, consente di ottenere una sensibile riduzione dello livello di attività della malattia.
Belluzzi e coll. hanno studiato l’efficacia dell’acido eicosapentaenoico nel mantenimento della remissione in soggetti adulti con malattia di Crohn.

 

Riduzione nel lume intestinale degli allergeni complessi eventualmente responsabili dei fenomeni immunitari alla base della malattia

Superata la fase iniziale di remissione le MICI ricevono un gran giovamento dall’adozione di una alimentazione equilibrata.
L’attenzione principale che si deve porre è quella di non utilizzare troppo presto o in quantità eccessiva gli alimenti ricchi di fibre, soprattutto di quelle più dure ed irritanti. Ciò è ancora più importante in caso di MC che di RCU perché nel MC un eccesso di fibre, unito ai restringimenti del lume intestinale determinati dall’infiammazione cronica può creare occlusioni intestinali. Questa eventualità è, comunque molto più probabile consumando le fibre di alcune verdure come carciofi, cicoria, fagiolini ed alcune varietà di foglie verdi ma non si verifica consumando le fibre dei cereali integrali.
Sono comunque da evitare i prodotti integrali cotti al forno (pane, biscotti ecc) in quanto la crusca di prodotti poco umidi è più rigida ed irritante. La preparazione più importante, specialmente in crisi acute gravi, è la crema di riso fatta in casa da riso integrale (1 tazza di acqua e sette di riso integrale e un pizzico di sale, far prosciugare a fuoco lento -2 ore- passare con il passapomodoro, condire con sale olio e tamari o con crema di nocciola). Si tratta di un cibo ben tollerato di solito e dal quale può partire il recupero progressivo verso un’alimentazione più completa.
Quando le condizioni migliorano l’alimentazione può essere di solito allargata reintroducendo gradualmente una più ampia varietà di verdure, cereali, legumi (passati) e via via quasi tutti gli alimenti che fanno parte di una alimentazione equilibrata. Il segreto di questo processo sta nella gradualità e nell’attenzione alle risposte individuali agli alimenti e nel rigore con il quale vengono eliminati zucchero, farine raffinate, dolci, carni, salumi, formaggi e alimenti nervini o alcolici.

 

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